Questo approccio terapeutico è orientato  a tutti i gruppi di persone che nelle loro relazioni possono essere viste come un sistema (coppia, famiglia, gruppo di lavoro, classe). Il modello sistemico a cui facciamo riferimento è quello elaborato a partire dai primi anni 70 a Milano da Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin conosciuto in tutto il mondo come “Milan Approach”.

Il setting individuale in quest’ottica ha come focus i legami (anche quelli transgenerazionali) in cui la storia delle relazioni, delle regole, dei giochi familiari condiziona il funzionamento presente della persona portandola talvolta ad adottare comportamenti patologici o sintomatici. Da sistemici ci interessano i contesti di significato che inquadrano e organizzano il sintomo e la nostra strategia terapeutica si basa sulla costruzione di ipotesi esplicative riguardanti l’organizzazione e il comportamento relazionale. La formulazione di domande circolari ci consente nuovi collegamenti tra le idee di tutti coloro che sono presenti nella stanza di terapia.

Un aspetto fondamentale del modello sistemico è il concetto di neutralità e curiosità del clinico che implica la capacità di non allearsi con una parte del sistema e la possibilità di non venire catturato da una particolare ipotes,i ma di mantenersi curioso alle possibili alternative rispetto al funzionamento del sistema stesso. D’altra parte il pensiero sistemico non nacque per dar conto della psicopatologia: i terapeuti della famiglia lo appresero dai biologi dai matematici dagli ingegneri, e oggi è diventato patrimonio di altre professioni nell’ambito delle scienze umane. Questo perché è molto di più che un metodo terapeutico: esso è una cornice di pensiero utile ad orientarsi nella complessità della vita e delle relazioni.